La Massaretta, un autoctono con animo e carattere apuano. Sono passati nove anni da quando il disciplinare della doc Candia dei Colli Apuani è stato modificato permettendo l’utilizzo della dicitura Denominazione di Origine Controllata anche sui vini rossi di questo lembo di terra Toscana alla porte della Liguria. Fu un passo decisamente importante che permise ai viticoltori di Massa e Carrara di puntare su varietà di vitigni autoctoni a bacca rossa rivalutando le eccellenze territoriali. Uno strumento che ha consentito di salvaguardare le poche aziende agricole che nel corso degli anni precedenti avevano deciso di puntare su delle uve che rischiavano l’abbandono e che ne avevano invece intravisto le potenzialità. Facciamo riferimento ovviamente alla Massaretta, conosciuta anche con il nome di Barsaglina.
RISCOPERTA DEL VITIGNO
In questi nove anni tante cose sono cambiate soprattutto per questo vitigno che rimane un prodotto di nicchia vista la bassissima produzione ma che allo stesso tempo ha saputo attirare curiosità e interesse anche da palati lontani dalla terre apuane.
Quindi non più un vino autoctono con forte propensione alla distribuzione territoriale ma un prodotto che ha iniziato a farsi conoscere al di fuori dei propri confini.
La Massaretta si coltiva da secoli in questa zona. Espande i suoi territori dalle alture dei colli apuani fino a raggiungere i terreni dei Colli di Luni invadendo la Liguria.
Un vitigno in via di estinzione a fine novecento. Il motivo di tale abbandono era semplice. Il prodotto ottenuto da queste uve era veramente poco invidiabile, addirittura emanava cattivi odori che scoraggiavano la bevuta. Tale caratteristica gli valse il titolo di “vino puzzon”, almeno così iniziarono a chiamarlo storicamente i vignaioli, con conseguente sostituzione del vitigno con altre specie più apprezzate.
Nei primi anni 2000 meno di 30 ettari di superficie vitata ospitavano la Massaretta. Ormai solo qualche intrepido pioniere e qualche agricoltore affezionato alla tradizione si ostinavano a continuare su questa strada. In fondo la Toscana è una terra di Sangiovese. Produrre questo vitigno permette di percorrere una via già battuta e ottenere prodotti di sicura affidabilità. Nonostante a Massa e Carrara troviamo alte percentuali di superficie vitata a base Sangiovese, oggi, grazie a quei pochi produttori, possiamo trovare un’alternativa alla tradizione Toscana. Uno studio ampelografico ha dimostrato comunque che il vitigno Massaretta ha delle somiglianze morfologiche con il più noto Sangiovese, tanto da far presagire una stretta relazione tra le due varietà.
CARATTERISTICHE DELLA MASSARETTA
Questo vitigno ha un grappolo con lunghezza media tra di 13 e i 22 centimetri di aspetto piramidale. L’acino ha un diametro di circa 10 millimetri con buccia molto pruinosa di color nero-violaceo. Uva dalla polpa succosa leggermente colorata di rosa e dal sapore neutro. Il germogliamento avviene tra la terza decade di marzo e i primi giorni della prima decade di aprile con conseguente fioritura nei primi venti giorni di giugno. Si dovrà aspettare fino a metà settembre per la sua maturazione. E’ un vitigno che ha una buona produzione, resiste bene a tutte le ampelopatie ma soffre molto l’oidio.
L’alto contenuto di antociani e fenoli regalano vini tannici e dai colori intensi. Al naso si riconoscono tendenzialmente profumi di frutti di bosco, ribes e violetta tra i più caratterizzanti. In bocca il vino risulta di buon corpo e da un’acidità che ne permette un buon invecchiamento.
Questo vitigno ha basi importanti. Ha caratteristiche di sicuro interesse. Per quale motivo quindi il suo scarso successo negli anni passati? Oggi possiamo affermare che la Massaretta necessità di una vinificazione diversa da quella implementata nel secolo scorso. Per evitare che odori spiacevoli emergano al naso queste uve necessitano di più rimontaggi al giorno, anche quattro o cinque, al fine di arieggiarla.
LA MASSARETTA OGGI
Grazie a questi accorgimenti in cantina è stato possibile salvare la Massaretta che addirittura da un utilizzo dello stesso in basse percentuali per conferire corpo e colore ai vini, oggi viene vinificato in purezza.
Dopo nove anni dalla modifica della DOC Candia dei Colli Apuani i viticoltori locali hanno iniziato a raccogliere i primi frutti dei loro sforzi per la rivalutazione di questo vitigno autoctono. Le prospettive di crescita nei prossimi anni sono interessanti.
Nel prossimo articolo vi racconteremo una degustazione di una cantina apuana che ci ha particolarmente colpito per la sua lavorazione della Massaretta, ma anche dell’impegno verso un’altra varietà autoctona quale il Vermentino Nero. Non vi anticipiamo nulla, sarà una bella sorpresa.